Nella lettera di Piero, pubblicata qualche giorno fa su Italians (Beppe Severgnini, Corriere della Sera), c’è molta della quotidianità del mondo lavorativo odierno. Peccato per l’ingegnere impiegato a far altro, peccato per quell’altro che non avrà mai il posto impegnato dall’ingegnere. Ma soprattuto peccato per l’altro ingegnere ancora -quello più giovane- cresciuto con l’idea del “meglio all’estero che qui”, a prescindere. Ci perdiamo tutti noi, cervelli in fuga compresi.
Avete chiuso lo stabilimento, mi avete chiuso il cuore
E così Beppe, dopo 45 anni di attività ci chiudono lo stabilimento. Oddio, la fabbrica già ce l’avevano chiusa qualche anno fa, quando la multinazionale aveva deciso di diventare “fab-less”, e aveva operato lo “spin-off”: brutte parole aziendalesi per dire che aveva venduto ad altri: palazzi, macchine e persone. Qualche fortunato che l’aveva scampata, c’era stato, e io fra quelli. A prezzo di una riconversione totale del proprio… perdonami ancora l’aziendalese, ormai per me è una droga… del proprio skill. Insomma, ho cambiato tutto tranne il badge aziendale, trasformandomi in un venditore. Dicono “sales” qui in azienda, ma stavolta, no, uso l’italiano, perbacco: venditore! Come un venditore di cioccolata, io che da buon ingegnere avevo sempre pensato che la mia casa fosse la fabbrica. Adesso, dopo aver visto portare via le linee di produzione, dopo aver visto i miei ex-colleghi che finivano in cassa integrazione, dopo essermi snaturato a dovere, e dopo aver frequentato per anni almeno le vecchie mura dello stabilimento, riconvertite in uffici, per potermi illudere che dopotutto non fosse successo quasi nulla… adesso mi chiudono pure quello! Mi chiudono un pezzo di cuore. Va bene tutto: l’ottimizzazione, la globalizzazione, le scelte inevitabili e tutte le altre belle frasi che mi raccontano per spiegarmi che dietro c’è una logica – e certo che c’è! credete che sia così scemo da non capirlo da solo.
Però io non mi ero spiantato dalla mia amatissima Ancona per andare a vendere, non lo avrei mai fatto! L’ho fatto perché a venticinque anni un ragazzo con una laurea in Ingegneria Elettronica sogna i laboratori, gli Stati Uniti, la tecnologia. E si ritrova invece, a metà fra i cinquanta e i sessanta, che non vede l’ora di tornarsene a casa sua al mare, di metterci una pietra sopra a questo mondo schifoso che ha cancellato i tuoi sogni, e ucciso l’industria! Avete chiuso lo stabilimento, passi. Ma mi avete chiuso il cuore, e questa non ve la perdonerò mai.
update (visto che me l’hanno chiesto): l’azienda in questione è IBM, irrilevante per il discorso in generale.
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