Diciamoci la verità, molti bassisti là fuori – o meglio, molti suonatori di chitarra basso – non sono nati tali. Sono stati “scelti” da una serie di circostanze alquanto comuni: “Facciamo una band! Io chitarra, io anche, io pure!”. Tre chitarristi. Nessun bassista. Silenzio. Poi, quel gesto eroico: qualcuno alza la mano. Si offre volontario. Si sacrifica. Nasce un bassista.
Ecco, è da lì che comincia la magia.
Perché dello strumento, poi, e parlo per esperienza personale, ci si innamora.
Follemente. Succede con la musica, ma anche nella vita, e persino al lavoro.
Il bassista è colui (o colei) che tiene insieme il pezzo, anche quando sembra che stia facendo poco. È la colla. La spina dorsale. Fa coppia fissa col batterista: insieme formano la sezione ritmica, quella che non sta sotto i riflettori ma senza la quale tutto crolla.
Il bassista è quello che non sgomita, non fa assoli infiniti, ma sostiene. Regge. Costruisce. È affidabile, pulito, essenziale. Dà ritmo e supporto. E quando serve, sa brillare. Ma solo se serve.
Ora pensateci un attimo: non è forse anche questo ciò che serve in un team di lavoro? In un progetto? In una relazione?
E allora, cari amici manager, team leader, startupper e affini:
- lasciate perdere le rockstar, puntate su chi dà solidità
- cercate l’eccellenza nella discrezione
- investite nella creatività della regolarità
Assumete un bassista.
Vi cambierà la musica.
Scopri di più da Luca Bonesini
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