Il match Trump vs Hillary non mi ha particolarmente appassionato; entrambi troppo distanti, per quel mi riguarda, e non per questioni geografiche. Le reazioni del pre e del post evento, invece sì. Ad esempio:
Lui è Stephen Colbert, comico e conduttore televisivo, la trasmissione è il “The Late Show“, per certi versi eredità del pensionato Letterman. Donald Trump è stato appena eletto presidente degli Stati Uniti d’America e Colbert apre lo show con il consueto quarto d’ora di monologo. Guardatelo, ascoltatelo tutto: la formula è la solita, funzionante, rodata e certificata da anni di ‘one man show‘ della tv americana. Prestate attenzione, però, dal minuto 10:30, quando il conduttore torna per una frazione di secondo semiserio e dice:
“But listen up.
Everybody up there, every American who is thinking “I’m going to Canada“.
You don’t get to flee to another country when things get rough here.
Being an American citizen is like family: you’re in it whether you like it or not.
I mean, for Pete’s sake, at Thanksgiving, when uncle Ernie hits the highballs and start saying racist things about the help, you don’t storm off the table and move nextdoor.
You stay and elect him commander in chief. That’s America!”
Dieci secondi intensi, non è un caso che sia proprio un comico ad interpretarli; dieci secondi che ci fanno capire che quel “tonto Americano medio” percepito qui da noi oltreoceano, forse, così davvero non è.
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