Ryanair-Qaeda

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Il carrello dell’Airbus che ci sta scarrozzando verso casa é rientrato da qualche minuto, siamo in quota e, come da manuale, il sottoscritto è già beatamente tra le braccia di morfeo. Madrid-Orio Al Serio è una tratta relativamente breve e ne approfitto per riprendermi da una tre giorni di intensi “su è giù” per la capitale spagnola. Palpebra destra e palpebra sinistra si sono già accordate e rialzeranno le serrande solo in vista del Campanone di Bergamo Alta.


Sono seduto nelle file anteriori, gli spazi angusti che le low cost ci “offrono” e qualche pianto di bimbo dalle file posteriori non mi disturbano affatto. Neanche i passi veloci e poco felpati di hostess e steward, con i loro fidi trolley portavivande al seguito, lo fanno.
La mente è altrove, suo il compito di rielaborare la strampalata visione del Guernica di Picasso. Se ne occupi lei, penso, insieme al mio inconscio. Io e il mio cerebro siamo altrove, fase rem già scollinata, il sonno è profondo. Dormo. Come un bambino. Dormo. Come un neonato dopo l’ultima poppata della sera. Dormo…

Bum, sbam! Clomp, clomp, sbam, clomp, clomp… clomp!!!

Uno scalpiccío, il rumore cupo di passi, passi rapidi ma pesanti in arrivo dalla fila ventitre: mi sveglio di soprassalto.

Davanti a me una donna di mezza età che, complice il corridoio stretto, urtando tutte le persone sedute nei posti C e D, le poltroncine centrali, ha raggiunto in tutta fretta la testa dell’aeromobile. Il risveglio brusco, l’irruenza dell’improvvisata centometrista e la situazione decisamente anomala allarmano tutti i passeggeri. Noi delle file basse, meccanicamente, alziamo il capo e le rivolgiamo lo sguardo; la scrutiamo, cercando di interpretarne movenze ed espressioni, provando ad intuirne le intenzioni.

Arrivata in prossimità del portellone d’imbarco e sbarco, comincia a gesticolare furiosamente. Sulla parete laterale si staglia, austero, il pannello di controllo dedicato alle funzioni in capo agli assistenti di volo, una pulsantiera alquanto complessa, multicolore, che mette in bella vista la mercanzia del giorno, un potpourri di bottoni, leve e dispositivi vari.
Le mani della donna, i suoi dieci avidi polpastrelli, si avvicinano pericolosamente al quadro di comando. “Chi è? Che intenzioni ha? Cosa sta facendo?“, è il pensiero telepaticamente condiviso tra gli astanti. Qualche mugugno.

La mente vola all’undici settembre americano e ai terribili racconti delle ricostruzioni di quei fattacci.

Accade tutto in un attimo. Infinito. La più corpulenta delle due assistenti si fionda sulla passeggera, ne ha forse intuito le intenzioni prima di tutti noi: in fondo è lei quella che vanta più esperienza. Le due si scontrano, le quattro mani si incrociano e, con un’abile mossa, l’accesso alla pulsantiera viene inibito. L’assistente riprende fiato e poi urla: “Ma che diavolo sta combinando?

Redarguita, improvvisamente pallida come Biancaneve al risveglio dall’incantesimo, la donna si fa piccola-piccola. Le braccia ritornano parallele ai fianchi, il capo si reclina in avanti, lo sguardo è rivolto verso il basso. Sommessa, a bassa voce, ma non così bassa da non riuscire a sentirla da fila sette, sussurra: “Scusi, per la toilette?“. Segue una lunga pausa… “E’ urgente!

Signore i signori, il capitano informa che abbiamo iniziato la discesa verso…

Atteriamo. Sani e salvi.


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