Daje de tacco daje de punta

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Stazione Termini, Roma. Binario tre, in attesa di salire sul treno ad alta velocità diretto a Milano.

Venti minuti.

Venti interminabili minuti spesi dal corpulento accompagnatore dell’anziana signora, accalorato ma allo stesso tempo appassionato, a spiegarle che:

  • Questo è il binario tre, capito signo’?
  • Questa è la sua carrozza signo’, la numero 4, ci siamo signo’?
  • Siamo all’inizio del treno, lo vede signo’?
  • Non deve fare molta strada per salirci, signo’. Vede?
  • Anche per la valigia, siamo all’inizio del convoglio signo’, tutto più facile signo’, eh?
  • Poi a Firenze, signo’, il treno entra diritto in stazione. Ci siamo signo’?
  • Quando esce da Firenze, signo’, il treno esce “de rovescio”, signo’. Vede?
  • Quindi, a Firenze va in testacoda, come nella Formula 1. Ha presente signo’?
  • Perciò, a Milano, signo’… capisce?
  • Ripeto, a Firenze entra “de testa”, signo’.
  • A Firenze esce “de coda”, signo’.
  • Signo’? Ci siamo?
  • Da Roma parte diritta, carrozza vicina alla stazione signo’.
  • A Milano scende ancora vicina alla stazione, signo’.
  • Come per magia, signo’.

E lei:

  • Grazie, grazie mille. È stato molto gentile, ma mi dica… quindi a Firenze e poi a Milano… quella cosa del testacoda?

Ancora lui:

  • Signo’, entra de tacco ed esce de punta. Come la sora Assunta! Capito signo’?

Chiude lei:

  • Chiaro, chiaro. Ho capito. Grazie ancora, arrivederci.

Un caro saluto a tutti voi lettori, giunti sin qui, in diretta dal diretto Roma – Milano, partito dal binario tre, in compagnia dell’anziana signora e della sua valigia.

Treno che porta venti minuti di ritardo. Venti.

E che non ferma a Firenze.


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