Quando Renzo Rosso inviò per la prima volta una scatola contenente i jeans strappati ai suoi rivenditori giapponesi, il pacco tornò indietro. Si pensò a un errore – Harper’s Bazaar
Ah, che tempi! I giapponesi, popolo noto per la precisione maniacale e l’attenzione al dettaglio, che rispediscono al mittente un pacco di jeans pensando a un difetto di fabbricazione. Come dargli torto?
Anno Domini 2025: il trionfo dello sciatto chic
Eccoci qui, nel 2025, a celebrare il glorioso ritorno del jeans strappato. E con lui -allargando lo sguardo- l’intero universo dell’abito sciatto elevato a status symbol. Finalmente posso dire a mia moglie che “non sono trasandato, sono alla moda. Faccio tendenza. Sono un influencer involontario”.
Il problema è che questa mia condizione di trendsetter non è frutto di una scelta stilistica ponderata, ma piuttosto dell’entropia naturale del mio guardaroba.
La filosofia del buco a pagamento
Confesso la mia totale incomprensione verso il fenomeno del jeans pre-strappato. Quello che compri già “vissuto”, già “consumato”, spesso a prezzi che farebbero impallidire un investimento in Bitcoin. Mi disturba profondamente -forse è un retaggio culturale degli anni ’70- l’idea che un produttore possa rifilarmi, a caro prezzo e senza distinzione, un capo difettoso spacciato per capo volutamente difettoso.
Sarà che da piccolo ho sempre avuto rispetto per i sacrifici economici dei miei genitori. Sarà che le nostre piccole ferite di guerra -quegli strappi conquistati scavalcando cancelli, quelle sfilacciature guadagnate sul campo con sudore e temeraria spensieratezza– avevano un sapore diverso. Erano nostre.
Memorie di candeggi e Roy Rogers
Ricordi sbiaditi (come i jeans dopo infinite lavatrici) di mega candeggi che nemmeno Nonna Ace avrebbe potuto immaginare. Flash fotografici di mio padre che vanga l’orto indossando quello che oggi è un ambito e costoso capo vintage: il buon vecchio Roy Rogers da mercato del giovedì, popolare e democratico come dovrebbe essere un jeans.
Il mistero del cambio di paradigma
Cosa sia successo nel frattempo resta per me un enigma che continua a farmi l’effetto del pacco di Renzo Rosso anni ’80 rispedito al mittente dai giapponesi: un grande, solenne “errore” che però ha rivoluzionato il mondo della moda.
Forse è questo il vero genio: trasformare ciò che un tempo era segno di povertà o trascuratezza in simbolo di ribellione prima, e di lusso poi. Vendere il tempo che non abbiamo vissuto, i buchi che non ci siamo guadagnati, le storie che non sono nostre.
Ma in fondo, chi sono io per giudicare? Mentre scrivo, indosso un paio di jeans con un buco sull’interno coscia destro -rigorosamente autoprodotto in anni di “sfregature“- che oggi, a quanto pare, mi rende involontariamente fashion.
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