Radice quadrata di -1

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Piled Assorted-color Coloring Pen Lot

Che ci fanno duecento persone rinchiuse in un cinema-teatro di curiose origini, in centro a Pordenone, per tutto il weekend? Spavaldi inconsapevoli, o forse solo aspiranti cre…ativi? Sì, perché Pordenone, la cara vecchia Urbs Picta, è tanto bella quanto sconosciuta, e merita una visita. Anche chi la governa non lesina complimenti:

Non solo, dunque, gli aspetti e i colori artistici spesso misconosciuti che, per esempio, ornano i palazzi del corso (Pordenone era soprannominata Urbs Picta, la città colorata), ma anche tante storie che non t’aspetti

Ma c’è l’Hacking Creativity Unplugged 2.0 di Edoardo e Federico, e lì può succedere di tutto. Perfino rimanere immobili per tre minuti, in silenzio, fissando negli occhi uno -sin lì-sconosciuto. “Tre minuti, solo tre minuti per (non) parlarti di me“, parafrasando i Negramaro.

I due sergenti salgono sul palco, incerti quanto basta per prepararci alla battaglia creativa: “Slacciate le cinture delle vostre sicurezze, si… quaaaak!

Ed ecco Elisa, la cantante, mascherata da Rita Bellati. Scopriamo di essere tutti talentuosi, chi più chi meno, in ciascuna delle ‘enne’ qualità elencate nel test a cui ci sottoponiamo volontariamente. Il consiglio? Ignorare quelle meno sviluppate. Sì, letteralmente, fottersene di quelle che da bambini ci facevano rimbrottare dalla maestra. Meglio concentrarsi sulle ‘top five’, svilupparle, e farle fruttare nella vita di tutti i giorni, che sia lavoro, amore o semplici relazioni sociali. Una certezza però: nessuno in sala ha il talento del foglio elettronico. Forse righe e colonne sono troppo ordinate per chi vive nel caos creativo? Tecnologi all’ascolto: via libera per una startup di supporto Excel. Primo cliente? Federico, e primo use case gli abbinamenti per lo speed-date serale, anno 2029, in quel di Pyongyang.

Federico Faggin arriva subito dopo. Lo conosco. O meglio, conosco le sue prime due vite. Un po’ per mestiere, un po’ perché uno dei suoi microprocessori mi fece esclamare “eureka” nel 1981, indirizzandomi alla carriera di informatico. Nota nostalgica: sono quasi l’unico in platea a rispondere “Presente!” alla domanda: “Chi conosce lo Zilog Z80?“.

La terza vita dell’istrionico inventore? Quella è nuova per me: una luce bianca che gli esce dal petto, il ‘drone’ che ti osserva e poi tu diventi quel drone. Il campo, l’uno, la fisica quantistica, i numeri immaginari, la coscienza, l’esseri immortali, eccetera, eccetera. Insomma, tutto molto intrigante, al limite del comprensibile. Quasi che, ad un certo punto, anche la radice quadrata di meno uno ha iniziato ad avere un senso. No, scherzo. Sipario.

La serata si chiude in bellezza con feedback entusiasti per “Hey Eye“, la mia startup lampo: tre minuti di contatto visivo tra sconosciuti, random, online. E feedback ancora più calorosi, ammetto, per Schioppettino e Cabernet Franc, amici fidati del neurone creativo.

Pordenone sonnecchia, vuota e silenziosa. È venerdì sera, e qui si va tutti al Summer Wine.

E fu sera e fu mattina.

Il secondo giorno, via la timidezza, si inizia a respirare. Ma non normalmente, perché sulla scena c’è l’attesissimo Daniel Lumera. “Ventotto respiri per cambiare vita“. Il suo libro, confesso, in apertura mi ha fatto pensare al ‘diciotto‘ di Gigi Proietti. Ma è solo un istante fugace. Lumera spazza via ogni pensiero con la sua guida alla meditazione: occhi chiusi, emozioni che scorrono, sospiri, lacrime. Un’esperienza che ci porteremo a casa, per ripartire da noi stessi e dal nostro ‘uno’ nell’universo. Incredibile quanto respirare faccia mancare il fiato.

Riapriamo gli occhi e ci troviamo davanti ad un arcobaleno di colori, tipografie strampalate, allineamenti che farebbero inorridire qualsiasi grafico. Sono le famigerate “Slide da incubo”. Un’altra opportunità di business per i tecnologi in ascolto: dopo Excel, ecco PowerPoint. Anche se, secondo me, la vera sfida è stata riuscire a mettere su una slide l’impronunciabile nome di “Sara Groblechner“. Vero Fede?

Poi, all’improvviso, si improvvisa. Francesco Lancia, informatico all’anagrafe, teatrante per gli amici. Mi trovo solo contro tutti, bullizzato. Quaranta squat -sì, li ho contati- per sconfiggere gli altri centonovantanove. E perché? Per aver strappato un sorriso a Francesco con il mio “momento Internet Explorer“. Urlo “Uè!” nell’unico momento di silenzio, quando eravamo già al “Quaaaak!”. Oops. Mea culpa, lo ammetto.

La serata continua con un altro brindisi: Tocai, il terzo moschettiere. E poi il mito. L’essenza misteriosa di Pordenone che nessuno comprende davvero, ma di cui tutti parlano: il Frico. Voi avete davvero capito cos’è?

E fu sera e fu mattina.

È domenica, e la domenica si apparecchia la tavola con la tovaglia buona. E che festa è senza un regalo? Un libro dalla copertina discutibile, ma garantito da Federico, in un sala addobbata a mattina del venticinque dicembre per l’occasione. Lo leggerò, certo. Ma c’è un problema. Perché i libri non arrivano mai con un segnalibro della misura giusta? Altro side project, startuppina, forse?

Michela Giraud non mi ha fatto ridere. Tutt’altro. La sera, a casa, accendo Prime e guardo il suo primo film da attrice-regista, Flaminia‘. Piacevole, perfetto, proprio come il suo intervento a HCU20. Un caro saluto a “tutte le sorelle” di Michela.

Che succede adesso? Tutti mi chiedono come sto. “Sto bene”. “Ma bene come?”, insistono in coro i duecento e passa presenti. E poi, male. Ma male come? Un crescendo di parole, poesia e schiaffi metaforici, con Isabella Leardini a guidarci in questa danza emotiva. Difficile lasciarsi andare del tutto. Difficile, ma divertente.

Siamo alla fine. È andato tutto bene.
Ma bene come? Bene da “Facciamolo ancora! Facciamolo presto!“, bisbiglia la folla.

All’anno prossimo, a…?

ps1: Edo e Fede dal vivo sono proprio come nel podcast. Una piacevole scoperta. Non come quando, da musicista, scoprivo che dal vivo molti suonavano peggio delle loro registrazioni. Brian Adams e, a questo punto, Edo e Fede esclusi

ps2: migliorare significa non porsi limiti: i bagni quest’anno erano meglio di quelli dell’anno scorso, mi hanno detto. Il mio augurio è che lo siano ancora di più l’anno prossimo

ps3: perché Edo, sulla strada del ritorno, si sia fermato all’area di servizio Colceresa per cambiarsi un paio di scarpe da ginnastica bianche con un altro paio di scarpe da ginnastica bianche, resterà per sempre un mistero

ps4: arrivederci a tutti quelli con cui ho scambiato due parole e a(r)risentirci a quelli con cui non ho avuto occsaione di farlo


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