Pap-pa pap-pap peeero!

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A lone figure walks through a foggy forest at night, illuminated by eerie lights.

Qualche anno fa, in radio, anche quella di Confindustria, passavano pubblicità che promettevano veri e propri miracoli tecnologici: il cloud, che avrebbe eliminato il bisogno di informatici, la forza lavoro ‘a noleggio‘, da usare solo quando serviva; e i software di automazione, ‘instancabili robot al nostro servizio‘. Una melodia ottimista, quella canticchiata nel titolo di questo post, accompagnava questi messaggi, lasciandoci sognare un futuro privo di complessità.

Ho avuto l’opportunità di osservare da vicino queste promesse trasformarsi, spesso, in storture: un’ossessione per il numero in basso a destra, obiettivi e target che schiacciano l’identità aziendale, collaboratori ridotti a pedine intercambiabili. Umanità sacrificata sull’altare dell’efficienza.

Oggi, con l’arrivo dell’intelligenza artificiale, siamo di fronte a una nuova rivoluzione, ad un altro giro di giostra.

Ma abbiamo davvero imparato dal passato?

Tutta la tecnologia, IA inclusa, offre opportunità straordinarie, ma non possiamo permetterci di farci abbagliare da narrazioni miracolose o allarmistiche. È necessario trovare un equilibrio: integrare queste innovazioni senza perdere di vista ciò che conta davvero. I numeri sono importanti, certo, ma lo è anche l’identità aziendale. E, soprattutto, lo è il valore delle persone.

Se vogliamo costruire un futuro sostenibile, l’intelligenza artificiale non deve essere una sostituzione dell’umano, ma uno strumento al suo servizio. Lavoriamo per un domani in cui l’innovazione tecnologica non solo migliora i processi, ma arricchisce anche la nostra umanità.


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