Milano Linate, una sera qualsiasi di luglio. Il volo da Charles de Gaulle è appena planato sull’asfalto lombardo e, a bordo, ho avuto l’onore di condividere la tratta con due gentiluomini d’affari sulla cinquantina, impeccabili completi blu, sguardi stanchi ma manageriali.
Neanche il tempo di toccare terra che i due si avventano sui rispettivi smartphone con la prontezza di un chirurgo al pronto intervento.
Linea ristabilita. Campo agganciato. Parte il primo squillo.
“Pronto? Pronto… pronto? Scusami, in questo momento non posso parlare“. Eh? E allora perché rispondere? Mi domando io, con quel sussurro mentale che solo la stanchezza da aeroporto sa rendere tagliente.
Subito dopo, il secondo è già in linea con la consorte: “Siamo appena atterrati… con l’aereo!“. Ah beh, meno male! Per un attimo ho temuto fossimo arrivati in deltaplano, penso, trattenendo un ghigno.
Ancora lui, con tono da gran scopritore: “Pensa! All’estero, sono tutti quadri. Tutti!“
Quadri? Capi? Opere? Avrà fatto un salto al Louvre, rifletto con affettata innocenza.
Le telefonate cessano. Finalmente si apre il portellone: via libera allo sbarco e, ahimè, spazio per l’ultima perla.
Il primo si rivolge all’altro: “Ho finito la presentazione. Ma non proprio al 100%“.
“Tranquillo“, sussurra il cinico che alberga in me, “domani in ufficio potrai dedicarti con tutta calma a quell’ultimo, trascurabilissimo 0%“.
Scopri di più da Luca Bonesini
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.