Il gioco d’azzardo è una piaga sociale, un male di questa società, che ancora in molti si ostinano a chiamare moderna. L’uomo vi si avvicina quasi per caso; un frugale assaggio e poi l’inevitabile, quanto drammatico, invito al banchetto della dipendenza. Un vortice di eventi, un concatenato vivere, trafficato crocevia di menzogne e compromessi. Quelle macchinette mangia soldi, dispensatrici di inutili e morbide pezze, attirano frotte di inconsapevoli -ed ingenui- padri di famiglia. I colori sfavillanti, i suoni al limite dell’ipnotico come catalizzatori dei piccoli accompagnatori, gli innocenti “minori di”. La religione dell’Insert Coin è la voce guida, unica credibile, da seguire pedissequamente. Maledette siano, allora, le diaboliche cambiamonete -incontrastate stargate- porte di accesso all’oblio assoluto. E maledetta sia tu, in particolare, macchinetta mangiasoldi dell’Oriocenter: che i miei cinque euro -quelli che m’hai miseramente sottratto senza possibilità di appello- possano incastrarsi nei tuoi ingranaggi infernali; possano distruggerli, annientarli per sempre. E tu, i tuoi pulsanti, i tuoi sciocchi microchip e con loro anche la mia preziosa -ancor intonsa- verde banconota.
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